Alla morte di Lucio Vetrugno, boss della Sacra Corona Unita, ucciso in un agguato lo scorso dicembre, i suoi beni sono stati sequestrati e nel fare l’inventario della cospicua eredità lasciata alla famiglia fatta di terreni, esercizi commerciali e massereie è stata trovata anche una tigre siberiana, imprigionata in una piccola gabbia costruita all’interno di una masseria di Monteroni (Lecce).
La tigre, un raro esempare di maschio siberiano di 16 anni, era lo status simbol del boss, ma quando è stata rivenuta aveva un aspetto molto dimess: è apparsa in precarie condizioni di salute e igieniche, magra e provata dall’angusto spazio in cui era rinchiusa.
All’arrivo degli uomini del Servizio Cites nazionale del Corpo Forestale dello Stato per effettuare il trasferimento della tigre dalla masseria ad una più adeguata struttura zoologica, la famiglia Vetrugno ha cercato invano di opporre resistenza, finchè gli agenti e il personale veterinario non hanno caricato, senza sedarlo, l’animale sul mezzo che l’ha condotta al Centro di recupero per animali esotici di Semproniano (Grosseto).
Il boss Vetrugno, detto “Lucio la tigre”, che deteneva il grande felino sprovvisto delle regolari autorizzazioni e in condizioni inconcepibili per un animale come la tigre, è solo uno dei tanti episodi legati agli ambienti malavitosi che evidenzia come gli animali, siano essi cani o tigri, vengano spesso esibiti come trofeo o come simbolo di potenza.
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