L’Onu chiede un divieto in tutto il mondo dei mercati in cui si vendono animali selvatici: è stato proprio infatti da un mercato di questo tipo, a Wuhan, in Cina che sarebbe partita l’epidemia da nuova coronavirus che sta ora dilagando nel mondo. Elizabeth Maruma Mrema, responsabile ad interim ad interim della convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità, ha affermato che i Paesi, per evitare future pandemie, dovrebbero vietare i mercati dove si vendono animali, vivi o morti, destinati al consumo umano. Nelle scorse settimane la Cina ha emanato un divieto temporaneo ai mercati di fauna selvatica ma non ha ancora reso permanente il bando.
“Pieno sostegno all’ONU nel vietare per sempre questi famigerati mercati di fauna selvatica – afferma Andrea Brutti, responsabile fauna selvatica Enpa – includendo l’estensione di tale divieto anche per quelli di cani e gatti. Tale commercio, ben noto nella sua estrema crudeltà, che imprigiona gli animali vivi ammassandoli l’uno sopra l’altro, e macellandoli davanti ai “consumatori” non solo è eticamente inaccettabile, ma, come si è dimostrato, altamente pericoloso per la salute umana. Per non parlare della nota mancanza di qualsiasi requisito igienico sanitario dei mercati stessi. Crediamo che sia però necessario agire globalmente anche nei confronti degli allevamenti, intensivi o meno a prescindere dalla loro dimensione. Occorrono controlli e soprattutto l’adozione di nuovi metodi di allevamento rispettosi del “benessere”. Come è noto, le pandemie trovano diffusione proprio negli allevamenti intensivi per l’alta densità e l’alta fragilità di queste macchine animali”.
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