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Per il regista turco di “Sivas”, il film sui combattimenti tra cani presentato a Mostra del cinema di Venezia, è l’immagine vivace della campagna anatolica

04/09/2014

Dalla Turchia arriva al Lido un’opera prima forte per le immagini cruente dei combattimenti di cani. Sequenze molto crude (senza alcun danno per gli animali, dice la produzione) che hanno suscitato alla proiezione per la stampa la protesta di alcuni giornalisti. Si tratta di ‘Sivas’ di Kaan Mujdeci, in concorso alla 71.a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, che ci porta in un villaggio rurale turco di oggi, tra le montagne, dove è costume praticare queste lotte tra cani locali giganteschi. Un ragazzino, Aslan, che assiste insieme al padre a una di queste lotte all’ultimo sangue, non riesce proprio ad abbandonare il cane apparentemente morto che ha come nome Sivas. E fa bene. Perché il cane si riprenderà, diventerà il suo orgoglio di ragazzino senza giocattoli e anche, ovviamente, suo grande amico. Ma quello che per noi dovrebbe essere il frutto di questa amicizia come affetto, protezione nel film ha un’evoluzione tristemente diversa, una forma di sfruttamento che magnifica i combattimenti tra cani. Sivas riprende le forze e tornerà a combattere, a vincere uccidento i suoi avversari.
Il regista Kaan Mujdeci, nato ad Ankara ma formatosi a Berlino dice di aver voluto, con questo film, “cancellare la vecchia immagine della campagna turca sonnolenta per rispecchiare fedelmente la vivacità della vita nell’Anatolia rurale”. Francamente stentiamo a credere che in una  realtà in continua evoluzione i combattimenti mortali tra cani addestrati a uccidere dagli uomini possano essere considerati un elemento di vivacità.


Categorie: Curiosità