La scelta del Parco di Vejo di arruolare agricoltori e personale dei fondi per catturare i cinghiali considerati in sovrannumero per poi cederli a titolo compensativo alle aziende agricole stesse, significa ancora una volta adottare pratiche inutili e dannose, che favoriscono interessi di parte e contrarie ad una gestione faunistica in linea con i principi della scienza. Per questo l’Ente Nazionale Protezione Animali condanna duramente questa linea di interventi diretti a scapito di strumenti di prevenzione che, invece, non vengono applicati.
La pratica di abbattimenti e catture, che ormai va avanti da oltre 20 anni in tutta Italia, non ha mai portato alcun risultato se non quello di accontentare le richieste degli stessi agricoltori, liberi così di poter catturare e disporre dei cinghiali a loro piacimento. Questi provvedimenti, tra l’altro, mettono sullo stesso piano gli agricoltori virtuosi, che hanno utilizzato strumenti di prevenzione come recinzioni o dissuasori, e quelli che invece si ostinano a non fare prevenzione ma chiedono continui indennizzi. Infatti potranno partecipare alle catture – e successiva uccisione e macellazione del capo – sia le aziende agricole che hanno subito danni provocati da cinghiali che chiedono indennizzi all’Ente Parco che le aziende che, al post del contributo economico, hanno in comodato le recinzioni elettrificate anticinghiale, dimostrando almeno di aver lavorato sulla prevenzione.
Quello che ci lascia infine interdetti è che un Ente Parco dovrebbe conoscere bene le conseguenze di fenomeni come l’uccisione della matriarca – che lascia libere le altre femmine di creare tanti altri branchi riproduttivi -, dell’aumento del potenziale riproduttivo per i meccanismi di compensazione, della continua pressione venatoria, che favorisce l’ingresso degli animali nelle aree protette. Così come dovrebbe sapere che la valida applicazione – da rendere obbligatoria – di strumenti di prevenzione è l’unica soluzione realmente efficace. Eppure, si preferisce scegliere la strada più conveniente – sulla pelle degli animali – per non scontentare nessuno e anzi fare qualche “regalo” in più che non guasta.
Chi controllerà che la carne dei cinghiali uccisi e destinata al consumo alimentare sia stata sottoposta all’esame dell’’azienda sanitaria locale, e solo dopo un responso negativo commercializzata? Gli animali sono cacciati e abbattuti, per il piccolo consumo familiare spesso non seguono questo iter. La carne di questo animale è stata messa in relazione con la diffusione di alcune malattie e intossicazioni. Questa specie, infatti, sul piano sanitario è considerata particolarmente problematica per il possibile contatto con gli animali domestici e per la ricettività di infezioni pericolose.
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