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«Non cani, ma opere di bene», per un parroco del padovano la solidarietà solo agli umani, agli animali niente

04/09/2012

Ancora un sacerdote, convinto di essere il solo custode di ciò che è  “giusto”, tuona contro chiunque scelga di dare aiuto a cani randagi, gatti bisognosi e più in generale animali in difficoltà.
E’ l’appello di don Marco Scattolon, 67 anni, parroco del padovano che fuori dalla sua chiesa di Rustega di Camposampiero ha esposto un manifesto “Non cani, ma opere di bene” e ha distribuito ai fedeli la lunga “cartolina”, giornalino parrocchiale, sul tema scritta questa settimana con la provocatoria domanda: “Quanto spendi per i bambini e quanto per i cagnolini (o i gattini)?”.
I quotidiani locali hanno pubblicato ampia parte del testo scritto dal parroco.
“Senza maltrattare i cani, investiamo sui figli di Dio (battezzati o meno). I cani sono preziosi per i ciechi, per gli anziani, per i finanzieri o per fare la guardia, ma l’Onu non li ha ancora inseriti come paritari alla persona nei “diritti dell’uomo”, sostiene don Marco, che punta l’indice contro le eccessive attenzioni e spese riservate a cani e gatti e la difesa in tivù dei diritti degli animali, mentre molte famiglie fanno fatica a pagare le bollette o le giovani coppie non vanno oltre il primo figlio per problemi economici. “Mi dà fastidio – sottolinea – quando mi ritrovo i cani in braccio a chi si confessa o sta in fondo alla chiesa; mi dà fastidio passare tra gli scaffali della Coop o della Pam e notare quanto si vende per gli animali. Oggi si vedono o si vendono cani con gli occhiali, gelato per cani, dondolo per cani, cucce riscaldate, fisioterapia per cani o adozioni per cani slavi, multe colossali a chi abbandona un cane e in tivù appaiono spesso la Brambilla o Limiti a perorare la causa dei cani. Io mi sono tassato per aiutare tre famigliole che volevano tenersi un figlio e non ne avevano i mezzi e sfiancato per pagare le bollette ai disgraziati: mi sento preso in giro quando si parla in tivù solo dei diritti degli animali”.
La Bibbia, prosegue don Scattolon, “36 volte nomina i cani e solo due volte fanno bella figura”, e San Francesco “che amava i poveri e i lebbrosi non era certo animalista”: a Gubbio poteva evitare “di far sprecare al buon Dio un miracolo”. Per don Marco quindi anche l’Onnipotente poteva indirizzare meglio la sua bontà infinita. Con buona pace degli insegnamenti di S. Francesco, anche quest’ecclesiastico sembra non tener conto delle parole di Papa Paolo VI che vedeva negli animali “i nostri fratelli più piccoli”, dell’affermazione di Giovanni Paolo II  per cui “Non solo l’uomo ma anche gli animali hanno un soffio divino” e il dichiarato amore di Benedetto XVI per gli animali.


Categorie: Animali e Cultura