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Linciaggio mediatico per il killer statunitense del leone Cecil ma le doppiette assassine sono anche italiane, il Governo metta al bando il turismo venatorio

03/08/2015

Mettere fuori legge il turismo venatorio internazionale. E’ questo, secondo l’Enpa, il solo modo per evitare il ripetersi di tragedie come quella del povero leone Cecil, ieri simbolo di una natura maestosa e libera, oggi di milioni di animali massacrati “per divertimento” in tutto il mondo. E il fatto che nel caso del “Re Leone” a sparare sia stato un presunto bracconiere, una persona cioè che avrebbe agito in modo illegale, non cambia i termini della questione, ma, soprattutto, non deve rappresentare un “alibi” per i sostenitori della caccia, che si tratti di quella ai leoni o alle piccole allodole. Se veramente vogliamo preservare il nostro fragilissimo patrimonio di biodiversità, è necessario disarmare le “doppiette”, a cominciare proprio dalla possibilità di sparare oltreconfine, nei Paesi le cui normative vengono spesso erroneamente considerate dai cacciatori occidentali meno rigorose e più vulnerabili.
«E’ proprio tale convinzione – spiega Annamaria Proccaci, consigliere nazionale di Enpa – che dà a costoro l’illusione di poter colpire a piacimento, sfogando quelli istinti distruttivi che nei Paesi di origine vengono tenuti a freno non solo da regole e norme avvertite come più stringenti, ma anche dalla riprovazione sociale espressa con forza dall’opinione pubblica». Quello del turismo venatorio purtroppo è un fenomeno che riguarda da vicino il nostro Paese. «Anche noi abbiamo i nostri Zimbabwe. E per arrivare a destinazione – prosegue Procacci – non è neanche necessario percorrere migliaia di miglia, ma è sufficiente una notte di traghetto per attraversare l’Adriatico».
In Albania, la distruzione della fauna selvatica, di cui è stata responsabile anche l’Italia con le sue “doppiette in trasferta”, ha raggiunto livelli di devastazione tali da spingere le autorità locali ad una moratoria generale della caccia per una durata di due anni. La vicina Romania, poi, ha pagato prezzi altissimi ai fucili italiani, nei cui carnieri sono finiti soprattutto i piccoli uccelli, le allodole ma anche animali rari come le linci. «Quello che non possono più fare in Italia, a causa di normative divenute più restrittive anche grazie al lavoro delle associazioni, molti cacciatori nostrani lo fanno altrove – aggiunge Procacci – spesso con abbattimenti massicci citati dalle cronache dei giornali, che finiscono così per gettare discredito sull’immagine del nostro Paese. Un massacro, questo, entrato perfino nelle aule parlamentari con una interrogazione presentata dalla senatrice di Sel Loredana De Petris».
La biodiversità non ha confini né barriere: ogni danno si ripercuote su scala globale. Per questo l’Enpa, che torna a chiedere la creazione di un’istituzione competente a giudicare sui crimini internazionali contro gli animali, sollecita il nostro Governo, a cominciare dal premier Renzi, a fare la sua parte sia potenziando i controlli sia portando avanti la messa la bando di tale attività che spesso si rivela deleteria anche per l’immagine dell’Italia all’estero.


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