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I delfinari UE sono imprese da chiudere, non rispondono ai requisiti richiesti dalla legge

03/05/2012

I 34 delfinari presenti in 14 paesi dell’Unione europea sono imprese commerciali da chiudere. Questa la conclusione dell’ultimo rapporto su queste strutture condotto dalla società per la conservazione di balene e delfini (WDCS) per conto della coalizione europea ENDCAP, in collaborazione con la Born Free Foundation.
“Il difetto fondamentale – spiega Chris Butler-Stroud, amministratore delegato della Whale and Dolphin Conservation Society (WDCS) – è che i delfinari vengono gestiti principalmente come un’impresa commerciale, nella quale i delfini e le balene sono semplicemente mezzi commerciali”.
Secondo l’esperto, nonostante la direttiva europea “richieda una serie di criteri ai quali rispondono gli zoo e i delfinari, inclusa la divulgazione per il pubblico e l’attività di ricerca a beneficio della conservazione delle specie, nessun delfinario esaminato si avvicina ai suoi obblighi legali o morali” I problemi che emergono nel caso specifico dei delfinari “non possono essere risolti – afferma Butler-Stroud – perché balene e delfini non sono adatti per la vita in cattività e agli spettacoli”. La dimostrazione è che gli esemplari custoditi nelle strutture “soffrono di una mortalità – spiega il responsabile di WDCS – più elevata rispetto a quella in natura, di un aumento di stress in un ambiente innaturale”, che ovviamente gli impedisce la libertà del mare aperto. Di qui l’appello alla Commissione europea e agli stati membri “perché si occupino con urgenza delle raccomandazioni contenute nel rapporto e si muovano al più presto per eliminare una volte per tutte queste imprese commerciali”.
Dalla fotografia scatta da questo rapporto, emerge che nelle strutture dei 14 paesi interessati dell’Ue (Belgio, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Malta, Olanda, Portogallo, Spagna e Svezia) sono presenti 286 cetacei di sei specie diverse. La maggioranza è costituita da tursiopi, ma ci sono anche orche, beluga (o balena bianca), focene, grampo (o delfino di Risso) e Inia geoffrensis, un delfino diffuso in America meridionale. delfinario_320x200Tutti i delfinari, tranne uno, sono regolamentati come zoo e quindi devono avere scopi di conservazione, ricerca e attività educative, per la tutela delle specie. Tutte le strutture “danno un contributo insignificante per la conservazione della biodiversità ” e se il numero dovesse rimanere lo stesso o espandersi, potrebbe essere necessario importare esemplari liberi in natura. Secondo il rapporto, catture di di questo tipo possono quindi rappresentare una minaccia per le popolazioni selvatiche. Un altro dato rilevato è che fra il 1979 e il 2008 è stata registrato l’import di 285 cetacei nell’ue, nonstante il divieto del regolamento della convenzione Cites se questo avviene principalmente per motivi commerciali. A conferma di questo, tutti i delfinari nell’Ue mostrano i cetacei in regolari spettacoli e presentazioni, spesso accompagnati da musica ad alto volume, nei quali gli animali normalmente eseguono diversi repertori di giochi e figure, con comportamenti del tutto innaturali. Inoltre, lo standard della divulgazione di informazioni al pubblico, nella maggioranza dei parchi esaminati dal rapporto, risulta piuttosto basso. Diciannove offrono ai visitatori anche l’occasione di avvicinarsi ai cetacei, con fotografie, programmi di nuoto con i delfini oppure di terapia assistiti dai delfini. Il rapporto sottolinea come si sottovaluti come il contatto diretto possa tra l’altro costituire un pericolo per la salute del pubblico, con il rischio di malattie e di infortuni. Infine, da quanto emerge dai siti web di 34 delfinari dell’Ue, solo 14 sono attivamente coinvolti nella ricerca sui cetacei e solo il 5,4% delle ricerche presentate alla società europea dei cetacei include animali in cattività. (ANSA) 


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