Il triste fenomeno delle esche avvelenate è tornato a crescere in tutte le regioni funestando le passeggiate di cani in città e anche degli animali selvatici nei boschi. Per contribuire a combattere questa aggressione vigliacca sono arrivati i cani “anti-veleno” che ispezioneranno boschi e aree verdi cittadine. Una tas-force a quattro zampe che è stata presentata con tanto di dimostrazione pratica ad Umberide nel corso del convegno “No ai bocconi avvelenati nella fauna selvatica: strategie innovative per contrastare la diffusione di esche e bocconi avvelenati”. L’Umbria è la regione che registra il più alto numero di decessi animali per avvelenamento. Presenti alla esercitazione pratica Forestali, Forze dell’Ordine, Servizi Veterinari, Associazioni animaliste, guardie venatorie, cacciatori e rappresentanti dello Sportello a 4 Zampe della Provincia di Perugia.
L’addestratrice cinofila Alessandra Mango ha introdotto e spiegato, che l’utilizzo di bocconi avvelenati risale alla volontà di eliminare animali ritenuti fastidiosi o concorrenziali con l’attività venatoria e l’agricoltura o per ritorsioni o rivalità tra cacciatori, si ricorre all’uso illegale dei bocconi avvelenati che provocano la morte, diretta o indiretta, di migliaia di animali Attualmente gli unici a poter svolgere questo compito sono i ‘Cani antiveleno’ come “Datcha”, il cane che ha svolto l’esercitazione, addestrato per il ritrovamento dei bocconi avvelenati.
“Alla base dell’addestramento del cane – ha affermato la Mango – c’è una forte relazione fra conduttore e cane. Come prima cosa all’animale deve essere insegnata l’obbedienza di base, così da essere gestibile e rispondere a determinati comandi. Successivamente si lavora sugli odori stando ben attenti ai veleni che possono agire anche per inalazione”. Durante la prova l’addestratore Alberto Angelini ho portato il cane in fondo alla pineta mentre nella parte alta veniva rilasciata l’esca avvelenata. Datcha, con affianco Angelini, che non l’ha mai persa di vista, si è mossa velocemente odorando il territorio in maniera certosina fino ad arrivare all’esca. Dopo averla riconosciuta si è seduta aspettando la sua ricompensa ovvero un manicotto di corda con il quale la piccola è abituata a giocare insieme al suo padrone. Tutto il lavoro è impostato sul gioco – continua Mango – il cane deve avere una forte attitudine al divertimento, per questo l’addestramento del cane antiveleno in genere comincia a circa quattro mesi”.
L’impiego di cani antiveleno operativi grazie al progetto Life Antidoto, si e’ già rivelato prezioso nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e nel Parco Nazionale d’Abruzzo, dove sono intervenuti per coadiuvare l’attivita’ di perlustrazione delle guardie dei Parchi.
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