Una bambina sente il proprio cane abbaiare e si affaccia dal balcone: vede “qualcosa” che scivola lungo la recinzione a confine con la proprietà del vicino, in corrispondenza del punto in cui è posizionato il cane, che l’annusa e mette in bocca. La bambina grida disperata, i genitori accorrono e il cane, per la concitazione del momento, sputa a terra quel “qualcosa”, che si rivela essere una polpetta.
Si tratta di un boccone avvelenato, come risulta dalle analisi chimiche che evidenziano la presenza di pesticidi e diazinone in concentrazioni idonee a determinare “avvelenamento acuto per ingestione”.
Nel corso del procedimento penale, il Giudice ritiene raggiunta la prova che sia stato il vicino di casa a realizzare e far cadere il boccone di carne avvelenato nel giardino, allo scopo di uccidere il cane.
Di conseguenza, il Tribunale di Milano ha condannato l’imputato per il delitto di uccisione di animali sotto forma di tentativo ex artt. 56 e 544 bis c.p.
La sentenza, per la prima volta in Italia, ha affrontato e risolto il problema del “tentato animalicidio”. Il delitto “in forma tentata” è stato giudicato alla stregua di tutti gli altri delitti previsti dal Codice penale per cui l’uomo è stato condannato a quattro mesi di reclusione (pena sospesa) e duemila euro di risarcimento per danni morali.
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