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Animali e mafie: un binomio redditizio

20/03/2012

Il fenomeno delle zoomafie è lo sfruttamento e il maltrattamento degli animali da parte delle organizzazioni criminali.
Cercando sul dizionario Zanichelli edizione 2008, alla voce ‘zoomafie’ si legge: “settore della mafia che gestisce attività illegali legate al traffico o allo sfruttamento degli animali”. Maltrattare e sfruttare gli animali può rivelarsi un’attività molto redditizia. E lo sanno bene le organizzazioni criminali, che ci guadagnano circa 3 miliardi di euro l’anno.
Galline macellate in garage, cani e gatti seviziati senza motivo, corse clandestine, cavalli uccisi per ritorsione, bracconaggio, pesca con bombe a mano, traffico di animali esotici, abigeato, doping: sono solo alcuni dei reati che l’Osservatorio nazionale zoomafia (istituito nel 1999 dalla Lav e avente come obiettivo quello di analizzare lo sfruttamento degli animali da parte delle organizzazioni criminali) ha rilevato nel suo ultimo rapporto (contenente i dati del 2010). Reati che però vengono ancora considerati di serie B. Nonostante la convinzione e l’evidenza del legame tra la lotta alla mafia e l’arginamento di questi fenomeni. Anche per questo se n’è parlato ieri a Genova: perché “i grandi sodalizi criminali, per essere combattuti, devono essere conosciuti in tutti i loro aspetti”, come si legge sull’introduzione al Rapporto 2011.
 “Si parla poco della relazione tra mafia e mondo animale- ha dichiarato Ciro Troiano, fondatore dell’osservatorio e suo attuale direttore, specializzato in Antropologia criminale e metodologie investigative- Ma questa relazione c’è ed è sotto gli occhi di tutti. Gli animali hanno avuto e hanno tuttora delle funzioni ben precise nel sistema mafioso. Una di queste è la funzione economica”. Come tutte le risorse, gli animali vengono sfruttati per far profitti. “Poi c’è una funzione simbolica- ha continuato Troiano- in quanto gli animali sostituiscono quelle che un tempo erano le insegne di potere e di gloria. Sono status simbol, biglietti da visita di cui il boss si serve per ribadire la sua importanza”. Ancora, c’è una funzione di “controllo sociale e di dominio territoriale. Per esempio- ha spiegato il direttore dell’Osservatorio- le corse clandestine dei cavalli si svolgono in quei territori dove le organizzazioni mafiose controllano in maniera sistematica il territorio”.
E infine “l’aspetto forse più inquietante della questione”, che è la funzione di “pedagogia nera affidata agli animali”. Spesso i clan reclutano nuove leve valutando prima di tutto la loro capacità di uccidere animali. “I ragazzini vengono avvicinati al sistema mafioso- ha concluso Troiano- con compiti di piccola responsabilità, come gestire dei cani allevati per il combattimento, occuparsi dei cavalli delle corse clandestine, fino all’assassinio di un animale”. E’ la storia a insegnarcelo: Leonardo Vitale, tra i primissimi collaboratori di giustizia, per entrare a far parte di un’organizzazione criminale fu messo alla prova: doveva uccidere un cavallo. Il giovane non se la sentì, ma gli fu concessa una prova d’appello: uccidere un uomo.
Il problema principale del fenomeno delle zoomafie è che si denuncia poco e si persegue pochissimo o quasi. Al quale si lega il fatto che, sebbene la legge italiana fornisca validi strumenti per punire reati contro gli animali, “le forze dell’ordine spesso considerano le vicende legate agli animali come non rientranti nelle loro competenze” ha raccontato Maurizio Santoloci, giudice direttore dell’ufficio legale della Lav.
“Per combattere il fenomeno- ha concluso Troiano- prima di tutto è necessario acquisire la consapevolezza che dietro alcune condotte erroneamente ritenute di minore entità si nasconde interesse criminale di ben altro spessore. La lotta animalista così si trasforma in lotta per la legalità, contro la mafia”.

Fonte: www.iljournal.it


Categorie: Animali e Cultura