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Ancora maltrattamenti, ancora in Calabria. Cane gettato in un fosso. Sopravvive, è in prognosi riservata. ENPA: politica mantenga impegni, giro di vite contro questi reati

03/08/2018

E’ stato gettato in un burrone, in una zona piena di rovi, e abbandonato al proprio destino. Il povero Ares, un meticcio taglia media chiamato così dai volontari dell’Enpa, sarebbe sicuramente morto se non fosse stato soccorso da tre ragazzi che si sono calati nel fosso – profondo tre metri – lo hanno adagiato su una “barella” e lo hanno infine tratto in salvo affidandolo alle cure di un veterinario.
Il salvataggio è avvenuto domenica 29 luglio in una frazione di Motta Santa Lucia, nel Catanzarese. Ad attirare l’attenzione dei salvatori, i lamenti disperati del cagnolino (un cucciolo di pochi mesi), che, evidentemente, doveva trovarsi in quella situazione già da molte ore, se non addirittura giorni. In effetti, le condizioni di Ares sono subito apparse critiche ai suoi soccorritori. Il cagnolino non solo era magrissimo – questo fa pensare che non sia mai stato accudito dal suo “proprietario” – ma era anche infestato dai parassiti. La successiva visita del veterinario ha confermato la gravità della situazione evidenziando anche una frattura del cranio, un forte trauma a carico della spina dorsale e un grave danno neurologico causato proprio dai parassiti. Ed è proprio la natura di queste ferite a far pensare che il povero animale in quel fosso sia stato gettato. Anche perché, pur non essendo impossibile, è alquanto improbabile che sia caduto da solo.
«Nelle ultime ore – spiega Antonio Pirillo, coordinatore regionale Enpa per la Calabria – le condizioni di Ares sono migliorate leggermente. La prognosi, tuttavia, è ancora riservata. A preoccupare è soprattutto il danno neurologico. Siamo in stretto contatto con il veterinario che sta curando il cagnetto e seguiamo costantemente l’evolversi della situazione».
Nella vicenda Enpa è intervenuta successivamente al salvataggio del cagnolino, raccogliendo l’appello dei suoi soccorritori, in grave difficoltà nel sostenere le spese mediche di Ares. Che vengono ora coperte dall’Ente Nazionale Protezione Animali, grazie alla sua Rete Solidale. L’associazione, che non riceve sovvenzioni pubbliche, si è fatta  carico di tale onere nell’esclusivo interesse dell’animale e di chi tanto si è impegnato per prestargli aiuto, ma deve ancora una volta denunciare la più completa assenza delle autorità e delle istituzioni.
«Se non fosse stato per i tre ragazzi – prosegue Pirillo – il cane sarebbe morto. Lì, in quel dirupo, tra rovi e parassiti. Nonostante la nostra normativa stabilisca espressamente che la responsabilità degli animali vaganti ricada sui sindaci, nessuno, e sottolineo nessuno, è intervenuto per aiutarlo».
«Di fronte a questo nuovo episodio di abbandono e di crudeltà contro gli animali, l’ennesimo nell’arco di pochi giorni, rinnovo l’appello a governo e Parlamento affinché tengano all’impegno, più volte ripetuto, di inasprire le pene per i reati contro gli animali. Un primo importante passo in questa direzione – dichiara la presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi – è lo stop totale all’applicazione della tenuità del fatto ai reati contro gli animali, prevista dall’articolo 131 bis del codice penale, voluto dal governo nel 2015. Un provvedimento del genere non pone particolare problemi e si può approvare a tempi di record. Chi abbandona, maltratta o uccide un essere vivente non umano deve sapere che non ci

Nella foto: Ares mentre viene alimentato dalla veterinaria


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