In Australia si pensa ci siano circa sei milioni di gatti selvatici. Il governo stimo la loro popolazione eccessiva e nociva per altre specie e vuole ucciderne almeno un terzo. La guerra è iniziata nel 2015 quando è stato lanciato un piano quinquennale per ridurre gradualmente il numero dei felini. La ragione di questo è che i gatti selvatici sono ritenuti tra quelle specie invasive che minacciano altri animali del continente, distruggendo la biodiversità. Nel frattempo, sarebbero responsabili dell’estinzione di una stima di 20 specie di mammiferi. Soprattutto, gli uccelli sarebbero minacciati – più di un milione di loro cadono vittima dei gatti selvatici ogni giorno. Come riferisce la CNN, alcune province hanno già messo una taglia di 9 euro per ogni gatto ucciso. Chissà quanto valutano un cacciatore?
L’organizzazione per i diritti degli animali PETA ha descritto questo come “crudele”. La critica viene anche dagli ecologisti. Tim Doherty della Deakin University concorda, secondo la CNN, che i gatti selvatici rappresentano un grave onere per le specie indigene, ma ritiene che il numero di gatti sia basato su “conoscenze scientifiche traballanti”. Una stima del 2015 ha parlato di 18 milioni di gatti. “Se vuoi implementare un progetto, prima devi avere un obiettivo valido, ma finora non ci sono misure valide”, ha detto Doherty, secondo la BBC. Inoltre, uccidere semplicemente i gatti non significa necessariamente salvare la vita di altri animali. Le specie minacciate di estinzione esistono anche senza gatti selvatici. Tra le altre cose, si dimentica la deforestazione e le miniere. “È possibile che i gatti possano essere usati come distrazione in una certa misura”, ha detto Doherty. Conclusioni certamente condivisibili, per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, perchè è possibile senz’altro avviare progetti di riduzione della popolazione di gatti selvatici, come la loro progressiva sterilizzazione, senza arrivare alla misura più estrema e cruenta del loro sterminio di massa.
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