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I cani come ospiti intermedi del coronavirus? Gli esperti frenano | “Sono fantasie”

20/04/2020

Dopo che il professor Xuhua Xia, scienziato cinese del Dipartimento di Biologia dell’università canadese di Ottawa, ha ipotizzato che l’ospite intermedio a permettere il salto di specie (spillover) da animale all’uomo del coronavirus SARS-CoV-2 sia stato il cane, e più nello specifico un cane randagio che si nutriva di carne di pipistrello, non mancano le contestazioni alla validità dell’ipotesi. La teoria infatti, non suffragata da esami in vivo o in vitro ma basata solo da un’analisi computazionale (calcoli al computer), è stata aspramente criticata da altri ricercatori, che la ritengono debole, fantasiosa e priva di fondatezza. Prima di entrare nel merito della questione, per comprendere meglio lo “scenario” di questo controverso studio è doveroso fare qualche premessa.Secondo una ricerca del Campus Biomedico di Roma, tra il 20 e il 25 novembre del 2019 il nuovo coronavirus fece il salto di specie da un animale non ancora identificato all’uomo, probabilmente nel cuore del mercato “del pesce” Huanan di Wuhan, da cui l’epidemia si è diffusa nel resto del mondo diventando pandemia. Le caratteristiche genetiche del patogeno suggeriscono che in origine esso si trovasse nei pipistrelli, e in particolar modo nella specie Rhinolophus affinis, nel quale circola il coronavirus (chiamato BatCoV RaTG13) che presenta la maggiore somiglianza col SARS-CoV-2 (96 percento). Del resto è noto che anche il coronavirus SARS-CoV responsabile della SARS (Severe acute respiratory syndrome, sindrome respiratoria acuta grave) e il MERS-CoV responsabile della MERS (Middle East Respiratory Syndrome, sindrome respiratoria mediorientale) hanno avuto origine nei pipistrelli. Tutti e tre i patogeni sono betacoronavirus e hanno ampia affinità genetica, dunque gli scienziati ipotizzano un percorso simile per il passaggio all’uomo anche per il SARS-CoV-2. Nel caso della SARS il cosiddetto serbatoio intermedio (cioè l’animale infettato dal pipistrello che permise lo spillover) fu lo zibetto, mentre per la MERS fu il dromedario. Per la COVID-19, l’infezione scatenata dal SARS-CoV-2, questo serbatoio intermedio – qualora ci fosse realmente – non è stato ancora individuato.
Inizialmente si parlò di serpenti, ma studi genomici successivi e più accurati hanno trovato maggiori punti di contatto con il pangolino, un mammifero con squame che ospita coronavirus “cugini” del SARS-CoV-2. Al momento non c’è ancora alcuna conferma definitiva, dunque gli scienziati sono ancora a caccia del vero (e potenziale) serbatoio intermedio. Sono passati in rassegna anche i gatti e i furetti, nelle cui vie respiratorie il coronavirus si replica bene, come indicato in un recente studio guidato da scienziati cinesi dell’Istituto di Ricerca Veterinaria di Harbin. In questo contesto si inserisce lo studio del professor Xuhua Xia, secondo il quale i cani randagi, dopo essersi infettati mangiando carne di pipistrello portatore del coronavirus ancestrale, lo avrebbero “coltivato” nel proprio intestino fino a passarlo all’uomo.
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