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Animali da compagnia e farmaci: negati i generici, Iva (forse) al 23%. Un salasso per i proprietari e un rischio per i pet

14/01/2014

Rispetto ai farmaci generici per animali, l’Italia e’ ancora indietro e le famiglie che accolgono in casa un cucciolo sono costrette a pagare cifre esorbitanti per visite veterinarie e costose cure terapeutiche. “Una situazione insostenibile che lede gravemente il diritto alla salute degli animali e riduce le possibilita’ di accesso ai trattamenti delle famiglie meno abienti”, spiega all’AGI Ilaria Ferri, direttore scientifico dell’Enpa. “Ad esempio, per patologie comuni come insufficienza renale del gatto o del cane in Italia il generico costa cinque euro mentre il farmaco arriva a costare anche cinque volte tanto, a parita’ di principio attivo. Parliamo di medicinali che esistono come generici sia per l’uomo sia per gli animali. E non c’e’ spiegazione ragionevole che giustifichi l’assenza dell’alternativa generica. L’unica palese motivazione e’ il vantaggio economico delle multinazionali farmaceutiche veterinarie”.
Un quadro poco rassicurante che include un ulteriore limite: “Non solo i prezzi dei farmaci sono ingiustificatamente altissimi ma oggi nel nostro paese i veterinari hanno l’obbligo di prescrivere il farmaco non generico – ha continuato Ferri – un paradosso, se pensiamo che in Italia il medico di base ha l’obbligo di prescrivere il generico. Una opzione che i veterinari non hanno in virtu’ non di esigenze sanitarie ma di motivazioni prettamente economiche”. Un esempio concreto? “Per l’insufficienza renale non si comprende perche’ se il Cibacen costa 5 euro, un noto farmaco specifico che contiene lo stesso principio attivo debba costare fino a tre, quattro, cinque volte in piu’, spesso anche in relazione alle dimensioni dell’animale. Una situazione che svilisce il diritto alla salute e alla cura degli animali domestici. E non solo, danneggia anche i diritti dei proprietari. Chi accoglie un animale in casa non deve essere messo nelle condizioni di rinunciare a curarlo quindi a maltrattarlo per interessi economici ‘superiori'”. Una spesa in piu’ che va a colpire anche associazioni ed enti finalizzati alla tutela dei cuccioli meno fortunati. “Le strutture che aiutano e ospitano gli animali in difficolta’ affrontano spese enormi”, continua Ferri, “cio’ non vuol dire sminuire o non comprendere l’importanza del farmaco specifico ma considerare che quando e’ disponibile da anni un principio attivo e’ necessario poterne usufruire a prezzi accessibili. E’ inaccettabile che esista una legge che obblighi a fare un favore alle aziende produttrici, a scapito del benessere degli animali. C’e’ da dire, inoltre, che l’obbligo dei veterinari a prescrivere i farmaci specifici e’ regolato da una legge europea che si riferisce agli animali da allevamento finalizzati ad uso e consumo umano. Quindi ci si e’ rifatti a una norma che tutela un altro ambito”.
Le spese in eccesso per avere un cane o un gatto in casa passano anche per l’Iva. “Il veterinario paga l’Iva al 22 per cento, motivo per cui siamo vicini ai medici che lottano contro le prestazioni che diventano sempre piu’ di lusso – spiega ancora Ferri – anche il pet food e i prodotti per animali subiscono la stessa imposta. Non trattandosi di caviale e champagne non ci spieghiamo questo sovraccarico”.
L’Enpa ha presentato una petizione nel 2012 per l’introduzione della possibilita’ di acquistare i generici veterinari ottenendo finora poco a livello normativo. “Abbiamo chiesto che l’argomento fosse affrontato seriamente. Ci siamo rivolti al ministero che ha preso in considerazione le nostre istanze ma senza passare ai fatti per ora. Addirittura le nuove proposte parlano di aumentare l’Iva per il ‘pet food’ e i veterinari al 23 per cento. Una direzione che non ci piace affatto e contro cui stiamo tuttora combattendo”. (AGI)


Categorie: Curiosità