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Abbattere i cani inselvatichiti per proteggere le greggi? Una soluzione pericolosa e fuorilegge

26/11/2013

E’ un po’ come recita il proverbio “chiudere la stalla dopo che i buoi sono fuggiti” preoccuparsi dei cani randagi inselvatichiti o ibridi che in branco attaccano le greggi senza aver attuato per tempo campagne di contenimento. Il problema degli abbandoni e di conseguenza del randagismo denunciato dalle associazioni animaliste va contrastato sul nascere e non con metodi crudeli e inefficienti.
Eliminare i cani selvatici che imperversano sull’Appennino emiliano-romagnolo per salvare le pecore che verrebbero sbranate, ma anche i lupi che rischiano di perdere il loro patrimonio genetico a causa dei troppi incroci con i cani, è la soluzione ultima proposta dalla Coldiretti regionale che ricorda come tra il 2006 e il 2011, i danni stimati agli allevamenti della regione da parte di lupi o cani inselvatichiti e’ aumentato di oltre un terzo, passando da 100 a 150 mila euro. Nel 2011, in particolare, quelli risarciti sono stati poco piu’ di 60 mila.
“La causa principale di questi attacchi, come si evidenzia dalle carcasse degli animali colpiti – sottolinea Coldiretti – sono i cani inselvatichiti piu’ che i lupi”. Non a caso, secondo i dati Ispra, sui monti emiliani i lupi sono 187, mentre i cani selvatici sono 5 volte di piu’. Per gli allevatori, dunque, la situazione e’ diventata “insostenibile”.
In pratica, il presidente regionale aggiunge “occorrera’ intervenire decisamente per eliminare la presenza e la diffusione dei canidi e salvare il reddito degli allevatori nonche’ salvaguardare il patrimonio di biodiversita’ rappresentato dal lupo del nostro Appennino.
Immediata una nota di protesta delle associazioni animaliste ed ambientaliste di Piacenza contro la soluzione paventata da Coldiretti.
“Siamo allibiti per le gravi dichiarazioni pubblicamente espresse dai presidenti regionale e provinciale di Coldiretti, rispettivamente Mauro Tonello e Luigi Bisi, a proposito dei rimedi per risolvere il problema dei danni provocati soprattutto agli allevatori di pecore dai cani inselvatichiti o ibridi di Lupo. Al di la della totale mancanza di dati scientifici sull’entità del problema, sui numeri e sulle cause, la proposta suggerita da Coldiretti, contraria alla legge, per voce dei propri rappresentanti regionale e provinciale, sarebbe, tra le altre, quella di istituzionalizzare dei piani di abbattimento simili a quelli già legalizzati per i c.d. “nocivi” (volpi, cinghiali, nutrie, piccioni ecc). Premesso che condanniamo con forza i metodi cruenti con cui la Provincia sistematicamente interviene sulla fauna considerata “nociva” sulla base di valutazioni e censimenti troppe volte decisamente opinabili (come se non esistessero strumenti alternativi di contenimento), rabbrividiamo all’idea che nelle nostre campagne possano verificarsi vere e proprie battute di caccia ai cani inselvatichiti, che poi altro non sono che o cani randagi che le amministrazioni non catturano o cani vaganti e quindi di proprietà di privati, spesso privi di microchip . Ci chiediamo allora :
– perché devono sempre essere gli animali a pagare le conseguenze dell’incapacità o, peggio ancora, dell’inadempienza umana?
– perché invece di servire ad attuare un programma di sterilizzazione e microcippatura, i fondi pubblici stanziati per la prevenzione del randagismo sul territorio vengono costantemente diminuiti o deviati su altri tipologie di intervento;
– perché le associazioni che si occupano di animali non vengono mai consultate nelle sedi istituzionali competenti quando è necessario regolamentare materie che incidono sulla sopravvivenza di animali che, ricordiamo, in quanto patrimonio dello Stato, appartengono a tutta la cittadinanza e non solo alla categoria dei cacciatori o degli allevatori;
– perché i soggetti che rivestono incarichi di responsabilità e prestigio come, per l’appunto, i presidenti regionale e provinciale di Coldiretti, sembrano dimenticare sia la legge sia la forza e l’influenza dell’impatto mediatico delle proprie dichiarazioni pubbliche che dovrebbero, comunque e sempre essere moderate, tenere conto della legge e non travalicare i confini della “correttezza politica” : nel caso specifico si sfiora qualcosa di molto simile all’apologia di reato (art. 544 bis c.p. “uccisione di animali” punito con la pena della reclusione da 3 a 18 mesi), se si considera che i cani vaganti sul territorio sono tutelati dalla normativa vigente , è vietato abbatterli e dovrebbero essere sotto la vigile custodia di Comuni e Province di competenza (ai sensi e per gli effetti degli art. 2, 13, 16, 25 L.R. Emilia Romagna 27/2000);Più o meno provocatoriamente lanciamo noi una proposta alternativa alla categoria degli allevatori danneggiati dai cani inselvatichiti, a patto che i danni esistano davvero, siano dell’entità lamentata e gli allevatori dimostrino di aver attivato prima tutti le precauzioni possibili per salvaguardare il proprio gregge (l’adozione dei metodi preventivi quali l’utilizzo dei cani da pastore, recinti idonei, stipula di polizze assicurative). E cioè si citino in giudizio i Sindaci dei Comuni che (soprattutto nelle zone montane), violando apertamente le leggi regionali vigenti sopra menzionate, omettono di svolgere quell’attività di vigilanza sul territorio che consentirebbe di monitorare i cani di proprietà comprese le cucciolate. Ricordiamo a chi l’avesse scordato che spetta proprio ai Comuni istituire servizi di vigilanza sulla popolazione canina nel proprio territorio, con specifico obbligo di accertare la presenza di microchip nei cani di proprietà, di catturare i cani vaganti, assicurandone il ricovero in idonee strutture. La chiave per la soluzione del problema si trova quindi agevolmente solo e soltanto nella prevenzione , non certo nell’abbattimento, nell’affrontare correttamente il problema con un confronto tra i portatori di interesse ed un progetto di intervento definito, il tutto nella legalità senza ricorrere a metodi illegali che ci farebbero tornare ad una sorta di oscurantismo medioevale.Su queste basi e solo su queste noi siamo disponibili a dare il nostro contributo”.Il coordinamento delle associazioni animaliste ed ambientaliste di Piacenza: Amici del cane, Arca di Noè, Asilo del cane, Gatti nel cuore, LAV, Lega Nazionale per la difesa del cane, Leal Cortemaggiore, Leal Piacenza, Legambiente Piacenza, Micio Bau, Micioamico, Oipa, Senza Catene, Qua la Zampa e WWF.
In Maremma invece, oltre al progetto Med Wolf per la salvaguardia del lupo e per la tutela degli allevatori, da tempo e’ attivo e si sta per concludere il progetto IbriWolf che servira’ per censire e capire bene la realta’ dei predatori ibridi e dei cani inselvatichiti. Un esempio da seguire.


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