Era la fine del 2019 quando le autorità sanitarie cinesi individuarono un focolaio di casi di polmonite non nota nella città di Wuhan. Fu riferito di molti casi iniziali al grande mercato con animali visi di Wuhan poi si è ipotizzato che il virus potesse arrivare dai pipistrelli, confermando comunque il coinvolgimento di animali vivi nella catena di trasmissione. Nel corso dell’ultimo anno sono state effettuate ricerche per validare quest’ipotesi, senza tuttavia trovare un nesso specifico col mercato del pesce di Wuhan. Più di recente una variante sconosciuta del . La variante ha caratteristiche che la rendono peculiare: è infatti imparentata con una versione del virus responsabile di Covid-19 rilevata per l’ultima volta negli esseri umani tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021. È perciò probabile che sia circolata a lungo negli animali. La scoperta, fatta dall’Istituto nazionale di ricerche veterinarie di Pu?awy, in Polonia, e da ricercatori dell’Erasmus University Medical Centre di Rotterdam è stata illustrata su Eurosurveillance, rivista dello European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc). Tra settembre del 2022 e gennaio del 2023, riportano i ricercatori, sono state rilevate infezioni da SarsCoV2 in tre allevamenti di visoni in Polonia situati a pochi chilometri l’uno dall’altro. L’analisi del genoma dei virus ha concluso che quelli identificati in due dei tre allevamenti erano imparentati con con la variante B.1.1.307, circolata oltre due anni fa nell’uomo. Rispetto a questa, la nuova versione del virus, presentava inoltre circa 40 mutazioni aggiuntive. Al momento nessuno dei lavoratori negli allevamenti né i membri delle loro famiglie è risultato positivo al virus. I ricercatori stanno cercando di ricostruire la sua origine: “potrebbe provenire – scrivono – da un luogo sconosciuto o da un serbatoio animale non rilevato”. A preoccupare di più è il fatto che gli animali risultati positivi non mostravano segni della malattia. Ciò “crea la possibilità di un’evoluzione indipendente del virus e può renderli una sorgente per futuri focolai con nuovi ceppi”, aggungono i ricercatori che sottolineano la necessità di intensificare la sorveglianza estendendola anche ad animali selvatici.
Fonte: federfarma
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