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Natale: cappottino o collare prezioso, crisi non ferma spese per gli animali. Un segnale di asocialità?

17/12/2012

Nonostante la crisi economica, i proprietari di animali da compagnia, considerati sempre più un vero e proprio membro della famiglia, destinano una parte consistente del budget familiare pur di non rinunciare a garantire loro un cibo preconfezionato in grado di assicurare un’alimentazione sana, correttamente bilanciata e studiata appositamente per soddisfare le loro specifiche esigenze nutrizionali. Il mercato rispecchia questa scelta: il settore del pet food è tra i pochi a continuare crescere, del 2,1%, in un momento di forte recessione.
Ci sono anche altre realtà, agli opposti tra loro, c’è chi divide, con grandi sacrifici, il poco che ha con il suo amico pet e per Natale potrà regalargli solo tanto amore.
Invece una fascia di popolazione, non necessariamente milionaria, non conosce limiti di spesa per i propri beniamini come riporta l’Adnkronos.
Collarini preziosi con strass e brillanti di Swarovski, piumini o cappottini con il collo di pelliccia per il freddo o vestitini con rouche e pences dalle stoffe piu’ raffinate: non sono le proposte natalizie di una boutique ma quelle di un ‘Pet shop’ dove i clienti, nonostante la crisi, non badano a spese e comprano per i loro amici animali ogni follia, proprio come farebbero per i propri figli. Un fenomeno, quello che porta a ‘umanizzare’ cani, gatti e altri animali domestici stigmatizzato pero’ dal sociologo Paolo De Nardis.

“Stiamo vivendo in un’epoca in cui, la caratteristica fondamentale del vivere sociale e’ la ‘asocialita’. Siamo di fronte a tante solitudini e c’e’ quasi una politica della solitudine che viene coltivata. E’ sempre piu’ difficile mettere insieme, in contatto le persone fra di loro. E la rabbia, l’astio, la rissa la fanno da padroni. Con gli animali questo non succede, l’animale e’ sempre buono in quanto reagisce sempre secondo la supposta volonta’ del padrone, l’animale e’ sempre subordinato, e’ fedele perche’ si affeziona alla casa e alla persona”, spiega all’Adnkronos Paolo de Nardis, docente di sociologia all’universita’ La Sapienza di Roma”.
“Tutto questo – prosegue il sociologo – incoraggia l’attitudine ad un processo di umanizzazione dell’animale domestico. Questo, da un punto di vista dell’etica animalista e’ una cosa bellissima perche’ nessuno mai tentera’ in questa maniera di provocare sofferenze agli animali. Ma il processo di umanizzazione, nella fantasia dei padroni, puo’ essere un modo come un altro per chiudere le porte alla relazione e soprattutto al dialogo umano con l’altro. L’animale non parla, non interagisce, non insulta, non fa valere i propri diritti, tutto questo comporta la possibilita’ di inquadrare forme di solitudine che sembrano caratterizzare l’epoca contemporanea”.
La mania di comprare cose impensabili per i propri amici animali e’, secondo de Nardis, il desiderio di “far vivere all’animale quella che e’ la vita sociale degli umani. Evidentemente c’e’ uno scambio, un travisamento della realta’. Dove il sociale fallisce, qualunque a’ncora puo’ surrogarlo”. Aumentano gli animali domestici e diminuiscono i figli che “sono un costo e una responsabilita’. L’animale vive in un eterno presente, il figlio e’ molto piu’ problematico e responsabilizzante. In un momento in cui si ha paura di coniugare il futuro, che diventa sempre piu’ una notte senza stelle, ecco che si proietta la propria affettivita’ sugli animali”.
Insomma, “l’animale e’ un mezzo ma anche un fine, catalizza un’attitudine ad una socializzazione, apre alla ludicita’ ai bambini ma se si dimentica il vero scopo rischiamo di avvitarci in un processo di alienazione. Tutto questo puo’ comportare guasti psicologici dal punto di vista della relazionalita’”.
“Il Natale per molti bambini non ci sara’, per molte famiglie non sara’ possibile. Questa tendenza ad acquisti costosi rapportati all’animale, in un momento in cui c’e’ chi muore di fame in molte parti del mondo ma anche nel nostro Paese, e’ quanto mai ingiusta, stridente e provocatoria”, conclude il sociologo.
“Ci sono persone che vogliono vestire i propri cani con gli stessi marchi che vestono loro scegliendo capi di piume d’oca o di cachemire – spiega all’Adnkronos Nausicaa Mattei, titolare, insieme a Daniele Saveri di un negozio specializzato di Roma – Oggi gli animali sono stati molto umanizzati. L’evoluzione dei pet shop deriva proprio da questo: dalla estremizzazione dei bisogni degli animali”. Bisogni degli animali o dei padroni?


Categorie: Animali e Cultura