Quello che si consumerà al Giglio “è un inutile massacro”, dice all’agenzia Dire Andrea Brutti, ufficio Fauna selvatica Enpa. Da lunedì le carabine e i fucili dei cacciatori cominceranno a eliminare, uno dopo l’altro, i circa 50 mufloni ‘alieni’ presenti nell’isola. Alieni non perché di un altro pianeta, ma perché, trasportati dall’uomo in una natura non loro, sono ‘fuori contesto’. Si chiama ‘Life LetsGo Giglio’, progetto finanziato con 1,6 milioni di fondi Ue che ha avuto semaforo verde dal Parco dell’Arcipelago Toscano. Con la rabbia del mondo ambientalista, che fa notare quanto sia stridente il paradosso alla base di questa scelta: “I mufloni sono stati portati al Giglio negli anni ’50 per salvaguardarli e preservare la specie. Sessantacinque anni dopo si sceglie la via del fucile, nonostante vivano in armonia ormai con gli agricoltori: i danni causati negli ultimi 20 anni non superano i 1.200 euro”, racconta Brutti.
Non solo, attacca, “nei parchi nazionali interventi di questo genere possono essere fatti solo in presenza di comprovati squilibri ecologici, che a noi non risultano” visto “che non c’è neppure uno studio recente che testimoni questa teoria”. In ogni caso, continua, anche se fosse così (“e per noi non c’è nessun tipo di urgenza e disequilibrio ecologico”) invece di abbatterli “si potrebbe tranquillamente mantenere questo gruppo di mufloni, che tra l’altro sono puri, con progetti più innovativi e tecniche più moderne”. Quali? “Trovandoci in un’isola, quindi in un ecosistema chiuso, si potrebbe pensare a strade sperimentali come l’immunocontraccezione”. In pratica pe il controllo di alcune specie selvatiche, come i cinghiali, in altri Paesi “vengono usati dei farmici per impedire la riproduzione. Farmaci che possono essere iniettati, oppure distribuiti attraverso mangiatoie specifiche e selettive”. In Italia, però, questo farmaco specifico per gli animali non c’è: “Per importarlo dovrebbero essere coinvolti il ministero della Salute, dell’Ambiente e le università. Sarebbe quindi un importante progetto sperimentale”, osserva Brutti.
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