Al via oggi la COP28 a Dubai, vertice Onu che ospiterà partecipanti appartenenti a diverse categorie tra leader globali. Purtroppo questa conferenza mondiale sui cambiamenti climatici sta perdendo la sua autorevolezza visti i grandi assenti, tra cui il presidente americano Joe Biden e il presidente cinese Xi Jinping. Papa Francesco, rimasto in Vaticano a causa di un’infezione ai polmoni, Ma è soprattutto l’assenza del presidente cinese assume un particolare significato se si pensa che la Cina è il più grande emettitore di gas serra al mondo (essendo responsabile del 30% delle emissioni globali). Ne è esempio l’allevamento intensivo più intensivo di tutti: due grattacieli alti 100 metri con dentro 1,2 milioni di maiali …
Con gli odierni sistemi di produzione di materie destinate all’alimentazione producono complessivamente il 35% (Nature Food-FAO) delle emissioni mondiali di gas serra. Per questo, non è più pensabile, di affrontare il tema del riscaldamento globale senza proporre un nuovo modello di sviluppo per il settore agricolo. Gli interventi di “mitigazione” proposti e adottati anche a livello Europeo, dove le norme di riferimento sono più rigorose rispetto ad altre contesti, hanno affrontato singoli aspetti della questione – relativi, ad esempio, alle emissioni delle macchine o al trattamento dei reflui zootecnici – ma sono rimasti a un livello superficiale. Fino ad oggi, sottolinea Enpa, le pressioni delle potentissime lobby agricole (il nostro Paese ne ha esperienza diretta), hanno impedito di affrontare il problema alla radice, ripensando il sistema degli allevamenti intensivi. «Le fabbriche animali del pianeta, dove sono allevati, in condizioni spesso disastrose e disumane, decine di miliardi tra avicoli, ovini, bovini e suini, producono circa il 20% di tutti le emissioni climalteranti. Continuare ad ignorare il problema, come è stato fatto sinora, sta minando alla radice le strategie di contrasto al global warming».
Peraltro, al riscaldamento globale gli allevamenti contribuiscono non soltanto in modo diretto, attraverso le loro emissioni, ma anche indirettamente attraverso la perdita di quelle foreste che vengono abbattute per fare spazio alle mega-stalle. Con i “polmoni verdi”, il pianeta perde anche il suo sistema naturale di stoccaggio del carbonio che, liberato in atmosfera, finisce per aggravare in misura esponenziale l’effetto-serra. Proprio per spezzare questo dannosissimo circolo vizioso, la riconversione degli allevamenti intensivi dovrebbe essere uno dei temi centrali della COP 28 dopo il fallimento del precedente vertice di Sharm El Sheikh. «Sostenere che senza proteine animali miliardi di persone soffrirebbero la fame è una fake news. Invece – prosegue Enpa – è vero il contrario, basti pensare che oggi il 75% dei cereali prodotti nell’Unione Europea è impiegato per l’alimentazione animale e che entro il 2032, secondo la FAO, solo il 41% dei cereali prodotti in tutto il mondo sarà destinato all’alimentazione umana. Il restante 59% sarà utilizzato per produrre mangimi e biocarburanti».
Per quanto centrale, la questione della decarbonizzazione non esaurisce il problema del riscaldamento globale. Anzi, lo può aggravare nella misura in cui diventi un escamotage per ignorare altri temi, come quello degli allevamenti intensivi, o per ricorrere in modo indiscriminato e irrazionale alle energie rinnovabili. «Lo sfruttamento del fotovoltaico, dell’eolico o dei biocarburanti non deve in alcun modo comportare una perdita di terreno agricolo o boschivo, né – prosegue la Protezione Animali – penalizzare le altre coltivazioni alimentari o causare perdita di biodiversità, ma deve avvenire in piena armonia con il territorio. Purtroppo oggi stiamo andando in direzione opposta».
Cambiare passo è impegnativo e richiede investimenti mirati, anche consistenti, ma di gran lunga inferiori a quelli che già oggi ci impongono i cambiamenti climatici.
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