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Il rocambolesco salvataggio del gatto Tombino, prigioniero sottoterra, liberato grazie ai volontari dell’Enpa di Roma e 3 generosi ragazzi indiani

18/12/2019

Qui di seguito l’articolo di Maurizio Gallo  sul quotidiano “Il Tempo” riportato sul sito dell’Enpa. L’articolo contiene la storia di un gatto liberato da un tombino dai volontari dell’Enpa di Roma
Il nome con cui l’hanno ribattezzato è stato ispirato dalla sua «prigione» nel sottosuolo, un tombino, appunto. Una prigione temporanea, per fortuna, dalla quale è emerso grazie all’intervento di volontari dell’Ente Nazionale Protezione Animali e di tre ragazzi indiani che abitavano nei pressi. Uno di loro si è calato nel «pozzo» e l’ha tirato sù, perché Tombino era gravemente ferito. E le sue condizioni non sono buone neanche ora, a un mese dalla sua caduta. La storia di questo gattino bianco e nero, senza collare, senza medagliette e senza chip, che avrà all’incirca un anno di vita, ha avuto per teatro la località di Campoverde, una frazione del Comune di Aprilia. Erano le undici di sera. Il micio, probabilmente un randagio, si era rifugiato nella caditoia vicino al tombino quasi certamente dopo essere stato investito da un auto o da un camion, perché nella zona ne passano molti. Poi era scivolato nel buco. Una passante ha sentito i suoi disperati miagolii, si è intenerita e ha telefonato al 112, il numero unico delle emergenze. Sul posto sono stati inviati i vigili del fuoco che, si sa, sono «salvatori professionali» di gattini intrappolati sugli alberi o in difficoltà per altri motivi. I «caschi gialli» hanno pensato che bastasse utilizzare delle tavolette di legno per fargli da «ponte» e permettergli di uscire da solo dalla sua prigione. Si sbagliavano.

La signora che aveva segnalato il fatto si è accorta che Tombino, che infatti era ferito, non riusciva ad emergere dal buio del suo «carcere». E ha chiamato l’Enpa, che ha «mobilitato» Elena, una volontaria dell’ente. «Il salvataggio è stato molto particolare; non era facile raggiungere il gatto, perché lo spazio sotto al tombino era profondo un paio di metri – spiega Elena – Per fortuna sono intervenuti tre ragazzi indiani, che abitavano in un palazzo di fronte e avevano sentito i richiami d’aiuto del micio». Il terzetto ha organizzato un salvataggio in «stile Vermicino»: due di loro tenevano il terzo per i piedi e quello si è infilato a testa in giù nel tombino. «Si è calato di testa nel buco e l’ha tirato fuori – continua Elena – Era in ipotermia e aveva la frattura del bacino. L’abbiamo portato alla clinica “S.o.s. Veterinaria» ai Colli Portuensi, che è aperta anche la notte. Lì, dopo una trasfusione, necessaria perché aveva perso molto sangue, l’hanno operato una prima volta per ridurre l’ematoma che aveva sotto l’inguine. È ancora in clinica, ormai è passato un mese, perché forse dovranno sottoporlo a un secondo intervento sempre per la riduzione di quell’ematoma, che gli impedisce di urinare. E bisognerà verificare eventuali problematiche neurologiche…».

Il problema, spiega ancora la volontaria, che vorrebbe tenere Tombino con sé, è che bisogna premergli la vescica manualmente tre volte al giorno e, quindi, l’assistenza è molto impegnativa. Se hai un lavoro e non puoi permetterti una cat-sitter, l’adozione è impossibile. L’unica speranza, dunque, è che Tombino guarisca presto e ridiventi autosufficiente. Poi riuscirà a trovare un padrone o una padrona che lo accolga e gli regali una nuova vita.


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