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Identificato grazie al Dna dei lupi che uccideva, la Corte d'appello conferma la condanna

27/01/2012

Il 24 gennaio la Corte di appello di Genova ha confermato la condanna a sette mesi nei confronti di Mauro Gatto, di Borzonasca (Genova), per reati connessi alla omessa custodia di armi e munizioni, per l’uso di mezzi non consentiti per la caccia, per aver cacciato in periodo vietato e per aver ucciso due lupi appenninici, specie particolarmente protetta dalle norme nazionali.
“Esprimiamo grande soddisfazione per la sentenza che ribadisce le gravissime responsabilità dell’imputato – commenta Massimo Vitturi, responsabile del settore Caccia e fauna selvatica della LAV – Dopo la sentenza di appello, che ha confermato ogni riga di quella di primo grado, chiediamo alla Questura di Genova di intervenire con urgenza per revocare definitivamente la licenza del cacciatore Mauro Gatto. Una richiesta di buon senso che ci aspettiamo sia subito sottoscritta anche dalle associazioni venatorie”.
La LAV infatti, in primo grado, aveva richiesto la condanna dell’imputato anche per il reato di “furto venatorio”, in quanto l’uccisione dei due meravigliosi esemplari di lupo al di fuori della legge sulla caccia ha di fatto determinato l’impoverimento del patrimonio faunistico a danno di tutti i cittadini italiani: l’esibizione, però, da parte dell’imputato, di una regolare licenza di caccia, ne ha reso di fatto impossibile l’incriminazione per tale reato.
“E’ stata una sorpresa scoprire che il bracconiere fosse in realtà un cacciatore in regola con le norme – prosegue Vitturi – un’evidenza che conferma quanto il confine tra caccia e bracconaggio sia di fatto solamente virtuale. I cacciatori, spesso sedicenti ambientalisti, non perdono occasione per sottolineare tutta la loro contrarietà al bracconaggio, salvo poi, come in questo caso, scoprire che il mondo venatorio è pieno di dr. Jekyll e mr. Hyde: cacciatori in regola di giorno e bracconieri di notte”.
La sentenza di primo grado, inoltre, ricorda la LAV, ebbe un grandissimo risalto per un particolare che fece scuola: il bracconiere infatti fu incastrato da una collana di denti di lupo sulla quale l’Ispra effettuò l’esame del Dna. Un caso unico, che accertò che i denti appartenevano a ben sei individui diversi, sia maschi che femmine. Solo due denti però portarono ad identità precise: quelle di due lupi uccisi proprio a Borzonasca nel 2007, il cui codice genetico era stato prelevato e conservato dagli studiosi.

Fonte: www.lav.it


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