La soppressione dei mufloni dell’Isola del Giglio in atto, decretata dal progetto Life LetsGo Giglio, sostenuto economicamente dall’Unione europea, per tutelare la biodiversità sull’isola non avrebbe più senso. Sono gli stessi studiosi ad affermare che gli esemplari presenti sull’isola sono ormai diversi dagli originari esemplari provenienti dalla Sardegna avendo conservato i caratteri genetici ormai assenti nella popolazione di origine, ma che si sono mantenuti nell’attuale popolazione gigliese facendone un nucleo autoctono. Per di più, i mufloni del Giglio rappresentano un frammento dell’eredità genetica presente nei progenitori neolitici, trasferiti anticamente in Sardegna dall’Anatolia. Questa autenticità, genetica e geografica, andrebbe preservata.
Tutto questo non è bastato a garantirne la tutela. Secondo i fautori dell’eradicazione dei mufloni presenti sull’isola del giglio questi non apparterrebbero ad una specie protetta ma ad un ibrido da considerare alieno e nocivo per l’ecosistema isolano.
L’ufficio legale di Enpa, che nei giorni scorsi aveva già diffidato la Regione Toscana chiedendo di fermare le uccisioni dei mufloni sull’isola del Giglio, sta valutando la possibilità di procedere per danno ambientale. Infatti, secondo alcune testimonianze che l’associazione animalista ha raccolto sul posto, sarebbero stati uccisi tutti i mufloni che erano nel fondo chiuso, all’interno della Riserva Storica del Franco, che nel 1955 aveva ospitato gli animali proprio per preservarne l’esclusività genetica. Al piano di sterminio piano, sottolinea l’Enpa, si era opposto non soltanto il mondo ambientalista e animalista, ma anche autorevoli esponenti della comunità scientifica, che avevano più volte segnalato la diversità genetica degli esemplari che vivevano al Giglio, e persino molti cacciatori, i quali si erano rifiutati di sparare contro gli animali. I mufloni erano stati portati sull’isola proprio con l’obiettivo di conservarne le peculiari caratteristiche genetiche – osserva Enpa – e per questo dovevano essere protetti, non sterminati. Purtroppo, oggi grazie alle fucilate, quel patrimonio è andato perso una volta per tutte, con un conseguente gravissimo danno ambientale del quale l’associazione intende chiedere conto nelle opportune sedi giudiziarie.
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