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Giorgio Bocca ci racconta i gatti: indipendenti, diplomatici, mai sottomessi ma dispensatori di rare beatitudini

30/12/2011

Giorgio Bocca, lo scrittore e giornalista  tanto amato e controverso, recentemente scomparso, ha dedicato la vita ad osservare l’evolversi della società e a mostrarcela nei suoi articoli e nei suoi libri, cronaca rigorosa dell’ultimo mezzo secolo di vita italiana.
A quest’uomo capace di catturare ogni particolare, ogni sfumatura non è sfuggita l’indole orgogliosamente indipendente, in cui si alternano dominanza e remissività dei gatti, animali amati e ammirati.
Nel libro-diario “Il viaggiatore spaesato”, tra le riflessioni, le storie e gli eventi italiani, sempre più caotici e difficili da capire, la sua attenzione, il suo pensiero si volge verso gli amati gatti, facendone una affettuosa analisi.
Di noi uomini i gatti hanno capito molte cose, se non tutte: sanno, da millenni, che con noi non devono mai darsi, ma farsi sempre corteggiare, mai girarsi quando l’umano li chiama, ma strusciarsi sulle sue gambe quando non se lo aspetta perché gli sia ben chiaro che loro gatti fanno quel che vogliono e, se l’umano lascia un cotechino delle Langhe incustodito, in un lampo lo afferrano. Da millenni il patto è questo: convivono, afferrano, divorano ma senza ombra di pentimento e questo piace al masochismo dell’umano. Quando hanno fame ti guardano come se fossi la Madonna, imploranti e magnetici, ma una volta mangiato si allontanano lentamente, di traverso. Non chiamate, non si degnano …
Mi vogliono bene i miei gatti? Difficile dirlo. Ti arrivano di un balzo sul petto e ci si insediano come la sfinge, per l’eternità. Sì, forse mi vogliono bene, ma sempre dopo i loro desideri e gli scatti e gli scarti di belva domestica, che vive con gli umani senza rinunciare a nulla della sua naturale innocente ferocia …
Non c’è nulla che abbia deciso di fare che tu possa cambiargli in quella testa. A volte sembra che ti stia dicendo: tu umano sei un po’ fanciullesco, tu pensi che non sia più completamente un gatto, che abbia ceduto all’accasamento, a questo cuscino, morbido e caldo, alle tue carezze, ai giochi con le noci rotolanti sul pavimento, ma se di colpo mi fermo a guardare ciò che tu non vedi sono ancora un fascio di nervi, di istinti, d’imprevedibile follia. Disse tra l’altro: “sono debitore ai miei gatti di rare beatitudini.”

Foto: Corriere della Sera


Categorie: Animali e Cultura