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Gatti fluorescenti contro l’Aids. L’Enpa: “il modello animale differente da quello umano”

12/09/2011

“Ieri il cane “ri-progettato” per brillare di verde quando esposto alle luce ultravioletta, oggi i gatti fluorescenti. E domani? Quale altra delizia degna di una piccola bottega degli orrori ci riserveranno i “Frankenstein” della ricerca scientifica?», questo il commento del direttore scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri, alla notizia dei mici transgenici “programmati” per studiare tra gli altri i meccanismi virali che stanno alla base di alcune patologie. «Cani, gatti, topi, cavie e tutti gli altri esemplari reclusi nei laboratori – prosegue Ferri – sono condannati a vivere una condizione doppiamente innaturale. Infatti, oltre ad essere “prodotti” artificialmente dall’uomo sono costretti a vivere la loro intera esistenza tra le quattro pareti di un laboratorio, sopportando atroci sofferenze.» Ma il problema non è soltanto di ordine etico, è anche di natura scientifica. «Sebbene le dichiarazioni dei padri del micio transgenico siano trionfalistiche, il vero punto debole della loro ricerca è la differenza sostanziale, e ineliminabile, tra il modello umano e quello animale – aggiunge il direttore scientifico dell’Enpa -. Del resto, se così non fosse che bisogno ci sarebbe di ripetere, spesso con esiti disastrosi, gli stessi esperimenti anche sui pazienti umani?» I progressi della scienza medica e della farmacopea possono essere garantiti con ben noti ed efficaci metodi sostitutivi quali, ad esempio, la tossicogenomica – vale a dire il metodo attraverso il quale viene misurato il livello di tossicità di qualunque sostanza ponendola a contatto con il Dna di una cellula –, i test in vitro o l’utilizzo di validissime simulazioni computerizzate. «A dispetto di ciò si continua a percorrere pedissequamente una vecchia strada perché, come affermano autorevoli scienziati, tra cui il biologo italiano Gianni Tamino, il tossicologo molecolare Claude Reiss, il presidente dell’associazione internazionale veterinari per i diritti degli animali, Andrew Knight, la sperimentazione animale serve ad alimentare i profitti delle multinazionali che la finanziano – conclude Ferri -. Peccato però che a pagare il conto sianoi malati stessi che attendono una cura per numerose patologie alle quali la scienza medica, piegata sulla sperimentazione, non sa ancora dare una risposta.”


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