Una vendetta o, peggio ancora, una ritorsione contro quella azienda agricola che aveva sbarrato il passo a cacciatori e bracconieri. Sono queste le ipotesi su cui stanno lavorando gli inquirenti per venire a capo del rebus sull’uccisione di Finn, un cane pastore dell’Anatolia, trovato morto nelle settimane scorse sui terreni di un’azienda agricola.
La proprietaria del povero cane, nonché titolare dell’impresa che si sviluppa su una quartina di ettari, sembra avere pochi dubbi: a freddare il suo quattro zampe sarebbe stato un cacciatore o un bracconiere. Cacciatori con cui la signora, cittadina tedesca residente in Italia da oltre vent’anni, aveva rapporti molto tesi perché poco propensa a consentire loro di avere accesso al suo fondo agricolo. Del resto, già in passato la donna aveva subito atti intimidatori, costatele la morte per avvelenamento di altri due cani, la devastazione delle recinzioni “anti-doppiette” e la rimozione dei cartelli con cui si vietava l’ingresso dei cacciatori sui terreni dell’azienda.
Non manca poi un episodio decisamente inquietante. Pochi giorni prima dell’uccisione di Finn, la signora fu incolpata proprio da un cacciatore per la morte del proprio cane, ucciso – secondo lui – dal pastore dell’Anatolia; da un cinghiale secondo la proprietaria di Finn. In quella circostanza l’uomo minacciò di abbattere il pastore dell’Anatolia a colpi di fucile.
Sul caso è intervenuta la presidente dell’Enpa di Grosseto, Marlena Giacolini, che ha presentato una denuncia contro ignoti per uccisione di animali, violazione di proprietà e danneggiamento.
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