Non è stato fatto nulla per salvare un piccolo orso albino individuato sul monte Bondone in Trentino che si conferma un posto funesto per i plantigradi. L’orsetto albino era stato visto settimane fa nella zona sopra Garniga, un’incontro raro di alcuni escursionisti che dopo la prima meraviglia si sono resi subito conto che il piccolo era in condizioni precarie, vivo ma già aggredito da insetti in attesa della morte. Gli escursionisti hanno allertato i forestali che preso atto dello stato di salute del cucciolo, non hanno fatto nulla per tentare almeno di evitare la morte del piccolo.
Immediata la reazione degli animalisti. L’ENPA non solo ha ribadito la mancanza di intervento di un veterinario esperto di grandi carnivori ma ha sottolineato come sia stato abbandonato a sé stesso a vivere un’agonia protrattasi verosimilmente per tre giorni, tre lunghissimi giorni fine alla morte. Questa l’accusa rivolta alla Provincia di Trento (Pat) attraverso un esposto che l’Ente Nazionale Protezione Animali ha presentato alla Procura della Repubblica di Trento. Ai Magistrati l’associazione animalista chiede di fare chiarezza su questa terribile vicenda e di individuare eventuali responsabili per quello che appare come un gravissimo comportamento omissivo da parte della PAT. «La morte del povero orsetto bianco configura una chiara violazione della legge 157/92, articolo 4, il quale stabilisce in modo inequivocabile che agli animali in difficoltà si debba prestare il dovuto soccorso. Ma il decesso dell’orsetto bianco presenta anche evidenti implicazioni di natura etica, poiché è inaccettabile che un essere senziente, bisognoso di cure, sia lasciato da solo a morire senza alcun tipo di supporto veterinario. Tanta crudeltà ci lascia attoniti».
Né è possibile, come purtroppo è stato fatto, utilizzare il presunto argomento della cattività per giustificare la decisione pilatesca della PAT, che ha condannato il cucciolo. Chi sostiene questa incredibile decisione – chi cioè afferma che soccorrere l’orsetto avrebbe comportato rinchiuderlo a vita in un recinto – sbaglia. Tranne poche eccezioni, dovute per lo più alla salute dell’animale, il reinserimento in natura è sempre possibile dopo un adeguato percorso di riabilitazione. Ed è quello che da mesi l’Ente Nazionale Protezione Animali chiede per un altro giovane esemplare, M89, questo sì soccorso e poi rinchiuso al Belpark, un centro faunistico in cui gli animali vengono visti a pagamento. Secondo Enpa, il mancato soccorso al cucciolo è dovuto non tanto ad una fantomatica impossibilità oggettiva, quanto a una precisa volontà di non soccorrerlo, di abbandonarlo al suo destino; una volontà conseguente alla politica discriminatoria che la PAT persegue da anni in aperta violazione delle leggi nazionali, delle normative europee e delle convenzioni internazionali.
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