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Come evitare la strage dei ricci sulle nostre strade. E’ allarme nel Parco del Treja per queste sentinelle della salute dei nostri territori

03/07/2014

Il riccio in genere ispira simpatia. È piccolo, inoffensivo, tondeggiante. Soprattutto alla nascita presenta i caratteri tipici che nell’uomo manifestano tenerezza.
È un animale che è una sorta di termometro biologico, un bioindicatore. La sua presenza ci dà la misura della qualità dell’ambiente, dello stato di salute dei nostri territori. Con considerazioni che si possono spingere alla valutazione della presenza e agli effetti tossici di sostanze derivanti dall’inquinamento, o talvolta usate in agricoltura, oppure degli effetti conseguenti ad alterazioni dell’ecosistema, o alle alterazioni delle catene alimentari.
Si tratta di un animale notturno, che si nutre di uova di serpenti, vipere, larve di insetti in genere dannosi per gli orti ed i giardini. Già l’idea che mangi le vipere ce lo fa sembrare un alleato, contro un serpente temutissimo dall’uomo. Il suo comportamento tipico in caso di pericolo è quello di chiudersi a palla. Immobile con gli aculei fuori. Una difesa invalicabile contro le volpi, per esempio, ma certo poco efficace rispetto alle macchine. Le automobili che sfrecciano nella notte diventano una delle cause di morte del riccio, come si può vedere bene percorrendo a piedi una qualsiasi strada, specialmente in questo periodo.
“Nessun antropomorfismo disneyano – sottolinea Guaita, il Direttore del Parco del Treja – ma certo la strage dei ricci ha un che di assurdo e raccapricciante. Basterebbe poco per evitarla: andare più adagio in auto (che è sempre bene) e fare attenzione a dove si mettono le ruote. Siamo certi che molti automobilisti concorderanno.”


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