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La Cambogia mette fine allo sfruttamento degli elefanti per fini turistici

28/11/2019

La Cambogia è una destinazione famosa in tutto il mondo soprattutto per i meravigliosi templi di Angkor Wat, che spesso i viaggiatori raggiungono a dorso di elefante. Perlomeno finora! Le autorità di Apsara hanno infatti deciso di vietare le gite in elefante, prevedendone l’eliminazione definitiva entro il prossimo anno.Il portavoce locale Long Kosal ha dichiarato ad AFP:

“L’uso degli elefanti per affari non è più appropriato”.

E difatti quasi un terzo degli animali sono già stati trasferiti in una foresta lontana dai templi in modo da consentire loro di vivere secondo natura.
Il paese ha preso questa decisione in seguito a numerose pressioni da parte di gruppi animalisti e anche il tour operator Intrepid Travel, che propone viaggi in Cambogia, già da anni ha deciso di eliminare dai propri pacchetti i tour in elefante.
Dopo aver approfondito le pratiche di molte aziende nel periodo 2010-2011, aiutato da World Animal Protection, il tour operator di cui è co-fondatore Geoff Manchester, si è infatti accorto che molti elefanti venivano maltrattati e torturati per essere addomesticati e diventare a prova di turista. Una pratica ingiusta e crudele che li ha convinti, a partire dal 2014, a non offrire più gite a dorso di elefante.
PETA Asia descrive il maltrattamento degli elefanti nell’industria turistica come un mondo spietato, dove gli animali vengono trattati come schiavi, prelevati ancora piccolissimi dalla natura selvaggia, dopo che le madri vengono uccise, per essere sottomessi all’uomo che li tortura finché non obbediscono.
Secondo Peta dei 45.000 elefanti asiatici rimasti nel mondo, dai 3.000 ai 4.000 sono tenuti prigionieri nella sola Thailandia, per essere venduti a vari scopi, tra cui quelli turistici.
Non è vero che vengono salvati da condizioni terribili e non è nemmeno vero che sono addomesticati, come dichiarano spesso coloro che li sfruttano. Peta afferma al contrario che si tratta di animali in cattività sottoposti al controllo umano tramite pratiche crudeli che servono a mettergli paura affinché svolgano i tristi compiti a cui sono obbligati.
Molti esemplari vengono prelevati dalle foreste quando sono ancora cuccioli mentre le madri vengono spesso uccise perché non conformi allo scopo. Sono quindi immobilizzati, picchiati senza pietà, ricoperti di chiodi per giorni, feriti e traumatizzati dai tentativi di “addomesticamento”.
Una volta schiavizzati, lavorano fino allo sfinimento per accontentare l’industria turistica, spesso privati di acqua e cibo. Non solo in Thailandia ma anche in Vietnam, Laos, Myanmar e Cambogia.

Per approfondire continuare la lettura dell’articolo di Laura De Rosa su greenme.it

 


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