Oltre 700 bovini vivevano in condizioni disastrose, immersi nel letame fino all’altezza delle ginocchia e con impossibilità di muoversi. Questa è la situazione rilevata dai carabinieri del Nucleo Antisofisticazioni e Sanità e dai veterinari di Ats Brescia in un’azienda agricola della Bassa Bresciana. Fra gli animali c’erano anche dei vitelli malati, non curati e tenuti in mezzo agli altri in ambienti non idonei a curarli per alleviarne le sofferenze. Al responsabile dell’allevamento sono state contestare molteplici infrazioni in materia di benessere animale.Le multe a suo carico, spiega Brescia Today, dovrebbero ammontare a circa 10mila euro. A quanto pare già in passato l’azienda agricola bresciana aveva mostrato difetti di simile tipologia.
L’autorità sanitaria ha disposto all’allevatore numerose prescrizioni. Questi dovrà infatti presentare un “cronoprogramma”, ovvero una pianificazione degli interventi necessari a sanare le numerose carenze emerse durante l’ispezione delle istituzioni competenti. A lanciare il campanello d’allarme, sarebbe stata un’associazione animalista, che era riuscita a entrare nella struttura documentando le condizioni in cui vivevano i bovini.
La politica, le normative e gli uffici marketing degli stabilimenti produttori si sforzano, per tacitare le coscienze dei consumatori, a dichiarare che gli animali allevati per diventare cibo, vivano in condizioni di benessere. Uno sforzo molto spesso pieno di parole, ma svuotano di reali contenuti. Il sostantivo benessere dovrebbe significare lo stare bene, sentendosi in armonia con il mondo che ci circonda. Una situazione lontana da quella che ogni giorno viene vissuta all’interno degli allevamenti e non basta una pubblicità per accreditare il contrario
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Centinaia di squali vengono uccisi ogni singolo minuto per la „zuppa di pinne di squalo”.
L’Unione Europea è uno dei principali attori in questa sanguinaria e multimilionaria industria. Ma adesso abbiamo la possibilità di fermare l’uccisione degli squali ponendo finalmente fine al commercio delle loro pinne in Europa.
L’iniziativa dei cittadini europei „STOP FINNING – STOP THE TRADE” é più di una petizione. È un‘opportunità unica per cambiare la legislazione europea e salvare gli squali dalla morte certa dopo un’atroce agonia.
Lo spinnamento dello squalo o shark finning è un pratica che consiste nella rimozione delle pinne, il più delle volte mentre lo squalo è vivo, a scopo alimentare e per l’utilizzo in cure tradizionali orientali.
Chi mangia queste zuppe o assume integratori ricavati dalla cartilagine di squalo ha la convinzione che questi prodotti possano essere utili per curare alcune problematiche dell’apparato muscolo-scheletrico umano. Al contrario uno studio effettuato da scienziati dell’Università di Miami (UM), apparso sulla rivista Marine Drugs, ha scoperto alte concentrazioni di BMAA nelle pinne di squalo, una neurotossina collegata a malattie neurodegenerative tra cui l’Alzheimer e la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA).
Tutti possiamo fare qualcosa perchè il commercio di pinne di squalo dall’ Europa deve essere fermato! Possiamo sostenere l’iniziativa firmando qui
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Marco e Paolo (nomi di fantasia), due persone detenute alle quali è stata affidata la gestione del piccolo rifugio per cani allestito nella Casa di Reclusione di Spoleto, hanno salutato i primi tre cuccioli e li hanno affidati alle cure delle nuove famiglie.
Il rifugio ha accolto otto i cuccioli a fine estate, accuditi con amore e attenzione e accompagnati in un percorso di socializzazione per favorire le possibilità di adozione. Grazie al lavoro svolto, i primi tre cuccioli sono stati affidati alle nuove famiglie. Sono Evita, Teo e Annibale che hanno infatti trovato una nuova casa.
Il progetto “Fuori dalle gabbie” costituisce una seconda occasione per cani e persone detenute. L’iniziativa avvicina due mondi con un progetto rivoluzionario: il canile e il carcere.
Il progetto prevede la formazione all’interno della Casa di Reclusione di Spoleto, otto persone detenute hanno ricevuto autorizzazione per recarsi nel canile comunale per mettere a punto lavori di manutenzione e ristrutturazione.
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Dopo sei mesi di degenza Twister, la tartaruga “Caretta caretta” salvata a fine marzo nelle acque del parco nazionale dell’arcipelago di La Maddalena, è tornata a nuotare nel mare della Sardegna.
L’esemplare, lungo 34 centimetri, come riporta Ansa – è stato liberato ad est dell’isola di Caprera dal personale del Parco nazionale del Centro di Recupero tartarughe marine in difficoltà (CRAMA) dell’Asinara, dove in questi mesi è stata curata per un’infezione polmonare, lesioni al carapace e per avere ingerito plastica.
Twister ha preso subito il largo dimostrando di avere pienamente recuperato la forma.
Il direttore del Parco di La Maddalena, Michele Zanelli, ha commentato le operazioni sostenendo che è fondamentale proseguire il legame che lega il Parco di La Maddalena al Parco dell’Asinara per la protezione e il recupero degli animali marini in difficoltà perché questo è il fine ultimo dei nostri Parchi: proteggere la biodiversità che li caratterizza. (ANSA).
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