Per ora non è necessario vaccinare anche gli animali. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato su Science secondo il quale cani e gatti non svolgono un ruolo importante nel mantenimento o nella trasmissione della malattia agli esseri umani.
A quanti proprietari di animali, allarmismi e fake news hanno creato dubbi e preoccupazioni, un report pubblicato sulla rivista Science – riportato da dall’agi.it – emerge che, sebbene i dati indichino la possibilità di infezione da parte di una serie di specie, attualmente non emerge la necessità di sviluppare un vaccino Covid-19 per gli animali.
“SARS-CoV-2 non è mai stato un problema esclusivamente umano – dichiara William Karesh, vicepresidente esecutivo per la salute e le politiche presso EcoHealth Alliance, un’organizzazione no profit che tiene traccia delle malattie emergenti negli animali –, fin dai primi giorni della pandemia gli animali domestici, il bestiame e la fauna selvatica sono stati oggetto di diverse domande relative alla possibilità di contrarre l’infezione. Non è ancora chiaro quanti cani e gatti siano stati infettati dal nuovo coronavirus, ma la manifestazione sintomatica della malattia sembra essere lieve o del tutto assente in questi casi”.
Gatti e cani possono essere infettati e sembra che i gatti possano trasmettere l’infezione ai loro simili, almeno da quanto emerge dalle analisi in laboratorio. I visoni in centinaia di allevamenti in tutto il mondo sono stati abbattuti massivamente a seguito di focolai epidemici e gli scienziati temono che gli animali domestici possano trasmettere il virus alla fauna selvatica, creando un serbatoio incontrollabile della malattia.
“Cani e gatti – prosegue Karesh – non svolgono un ruolo importante nel mantenimento o nella trasmissione della malattia agli esseri umani, per cui non sussiste la necessità di un vaccino per il mantenimento della salute pubblica”. Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), che concede licenze commerciali per i vaccini per animali domestici, non sta effettivamente approvando alcuna procedura.
“Studi di laboratorio suggeriscono che SARS-CoV-2 può infettare una vasta gamma di animali – sostiene Jonathan Epstein, vicepresidente per la scienza e la divulgazione presso EcoHealth – dagli scoiattoli alle pecore fino ai capodogli, ma in cima alle specie che destano preoccupazione vi sono le grandi scimmie. I virus respiratori umani in passato sono stati fatali negli scimpanzé e nei gorilla”.
Gli scienziati sottolineano che anche le specie in via di estinzione possono correre un rischio maggiore.
“Esiste il potenziale che il virus muti nuovamente per tornare alla fauna selvatica – osserva Epstein – ma credo che per quanto riguarda i visoni e i primati sia necessario ripensare al modo in cui interagiamo con loro. I primi vengono allevati in stabilimenti ad alta densità, il che favorisce la trasmissione di agenti patogeni e per le interazioni con le scimmie sarebbe sempre meglio indossare una mascherina”.
L’esperto ribadisce poi che sarà opportuno mantenere le precauzioni con gli animali in grado di trasmettere l’infezione anche dopo che il vaccino avrà raggiunto la popolazione mondiale.
“Ad ogni modo, se dovesse emergere la necessità di un vaccino per animali – sostiene Karesh – reindirizzare le procedure dovrebbe essere relativamente semplice. Le risposte immunitarie variano tra le varie specie, per cui bisognerebbe modificare ad hoc il livello di antigene, ma i fondamenti dell’approccio non cambierebbero”.
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