Dare il nome giusto al proprio gatto è il primo importante impegno che ci troviamo ad affrontare quando, cucciolo o adulto, il micio mette piede in casa nostra.
Si pensa a un nome che abbia un suono adatto a richiamare la sua attenzione, breve e incisivo, come Miky, convinti che per lui sarà più facile ricordarlo. Poi, vivendo con lui, osservando i suoi atteggiamenti, le espressioni e l’aspetto ce ne verrà in mente sicuramente un altro, magari Mascherino o Bianca che ci sembrerà più adatto e ci piacerà di più.
A questo punto dobbiamo, tra mille ripensamenti, decidere quale sarà il nome del nostro piccolo felino.
Tutta fatica inutile. Ogni gatto nasce già con il suo nome e lo conosce benissimo solo che a noi umani non lo dirà mai, o quasi.
Nella mia vita sono entrati e usciti almeno quaranta gatti, solo
di tre sono riuscita a conoscere il nome segreto. Al mio primo gatto, trovato quando ancora non aveva aperto gli occhi, avevo dato il nome di “Ciuppo” per come ciuppava il latte dal biberon. Dopo qualche anno, una volta cresciuto, e forse stufo di quel buffo nome, mi ha detto, anzi fatto capire, che lui si chiamava “Giaku”. Il secondo è stato Chicchiò, il nome gli era stato dato da mia madre e così ho continuato a chiamarlo fino a quando mi ha fatto sapere che dovevo chiamarlo “Ciukei”. L’ultimo è stato un bel gattone rosso, mi era sembrato molto adatto per lui il banalissimo nome di Rufus, sapendo solo dopo che si chiamava “Arraru”.
Se tutto vi sembra il frutto delle farneticazioni di una gattofila un po’ esaltata, sappiate che a sostenere questa tesi è anche un Premio Nobel, lo stimatissimo poeta e drammaturgo statunitense, naturalizzato britannico, Thomas Stearns Eliot.
Famoso per il poema Terra Desolata (The Waste land 1922) considerato uno dei pilastri del Modernismo, e per il dramma Assassinio nella Cattedrale (Murder in the Cathedral 1935), Thomas S.Eliot, nel 1939 decise di riunire un quindicina di poesie, scritte per figli e nipoti, in cui i gatti erano protagonisti, in un volumetto intitolato Old Opossum’s Book of Pratical Cats, tradotto poi in italiano semplicemente Il Libro dei gatti tuttofare mantenendo il soprannome del poeta “vecchio opossum”. Da questa raccolta ha preso ispirazione il famoso musical “Cats” di Andrew Lloyd Webber andato in scena per la prima volta a Londra nel 1981.
In una delle più belle poesie dedicate ai gatti, anzi ai loro nomi, il poeta affronta il problema di come scegliere e quale sia il nome più indicato per un gatto. Il vecchio Opossum ci svela che la scelta non è cosa di poco conto e che ogni gatto un nome felino quando nasce ce l’ha già.
Il nome dei gatti
E’ una faccenda difficile mettere il nome ai gatti;
niente che abbia a che vedere, infatti,
con i soliti giochi di fine settimana.
Potete anche pensare, a prima vista,
che io sia matto come un cappellaio,
eppure, a conti fatti,
vi assicuro che un gatto deve avere in lista
TRE NOMI DIFFERENTI. Prima di tutto quello che in
famiglia
potrà essere usato quotidianamente,
un nome come Pietro o come Augusto, o come
Alonzo, Clemente,
come Vittorio o Gionata, oppure Giorgio o Giacomo
Vaniglia –
tutti nomi sensati per ogni esigenza corrente.
Ma se pensate che abbiano un suono più ameno,
nomi più fantasiosi vi possono consigliare:
qualcuno pertinente ai gentiluomini,
altri più adatti invece alle signore:
nomi come Platone o Admeto, Elettra o
Filodemo –
tutti nomi sensati a scopo familiare.
Ma io vi dico che un gatto ha bisogno di un nome
che sia particolare e peculiare, più dignitoso;
come potrebbe, altrimenti, mantenere la coda
perpendicolare,
mettere in mostra i baffi o sentirsi orgoglioso?
Nomi di questo genere posso fornirvene un quorum,
nomi come Mustràppola, Tisquàss o Ciprincolta,
come Bombalurina o Mostrardorum,
nomi che vanno bene soltanto a un gatto per volta.
Comunque gira e rigira manca ancora un nome:
quello che non potete nemmeno indovinare,
né la ricerca umana è in grado di scovare;
ma il GATTO LO CONOSCE, anche se mai lo confessa.
Quando vedete un gatto in profonda meditazione
la ragione, credetemi, è sempre la stessa:
ha la mente perduta in rapimento ed in contemplazione
del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome:
del suo ineffabile effabile
effineffabile
profondo inscrutabile ed unico NOME.
(Da T.S. Eliot, Il libro dei gatti tuttofare. Trad. di Roberto Sanesi, Bompiani)
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