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I gatti non sono animali socievoli? La risposta arriva dalla scienza

05/02/2019


I gatti sono vere star del web, i social network a loro dedicati attirano migliaia di fallowers, eppure questi affrascinanti animali nell’immaginario collettivo sono considerati poco affettuosi o addirittura opportunisti e scostanti. Ma è proprio così? Numerosi lavori pubblicati su riviste scientifiche internazionali, hanno cercato di capire cosa realmente percepisce il gatto e come si rapporta con gli esseri umani.
L’autorevole rivista Focus ha riportato uno studio pubblicato su Behavioral Processes che conferma come la reputazione di creature schive dei mici sia del tutto ingiustificata: chi ritiene che lo siano, non li conosce abbastanza o non dedica loro le attenzioni che meritano.
Secondo i ricercatori della Oregon State University che hanno condotto lo studio, il livello di attenzione prestata dagli umani e il contesto di origine dei gatti influenzano la loro voglia di interagire più ancora della familiarità con l’umano stesso, che non sembra invece un elemento discriminante. In ogni caso, i gatti mostrano – come i loro amici sapiens – una grande variabilità nella socievolezza: in altre parole, non c’è una regola fissa, ma molto dipende dal carattere.
I ricercatori hanno coinvolto 46 gatti in due esperimenti per valutare come attenzioni dedicate, provenienza del gatto e familiarità con l’uomo influissero sulla loro socialità. Il grado di espansività felina è stato valutato quantificando il tempo passato dagli animali vicino agli umani e misurando la frequenza dei loro miagolii.
Nel primo esperimento, i gatti (metà domestici e metà di gattile) hanno trascorso dapprima due minuti con una persona che non parlava e non si muoveva, poi altri due minuti con la stessa persona, che questa volta li chiamava a sé e li accarezzava. Il secondo test è avvenuto in modo identico, ma con i gatti domestici e i loro padroni.
Le attenzioni dedicate dall’uomo hanno influito sulla propensione dei gatti ad avvicinarsi e miagolare, a prescindere dalla provenienza dei mici (ha funzionato, cioè, sia con quelli domestici sia con gli ospiti di gattile).
I gatti trovatelli sono risultati più inclini a trascorrere tempo accanto agli umani disattenti, e a miagolare per attirare i loro sguardi, forse perché la loro storia li rendeva più bisognosi di attenzioni.
La familiarità con gli sperimentatori coinvolti non ha invece influito più di tanto sugli “slanci sociali” dei mici, che comunque hanno mostrato una gamma di personalità molto diverse: la variabilità individuale è quindi un elemento importante da tenere in considerazione, quando si parla di comportamento felino.
«In entrambi i gruppi abbiamo osservato che i gatti trascorrono molto più tempo con le persone che prestano loro attenzione» spiega Kristyn Vitale, tra gli autori. «Questo insieme di test indica che i gatti domestici riconoscono il livello di attenzione umano e modificano il loro comportamento in risposta ad esso, perché sono sensibili ai segnali sociali umani».
In un altro studio pubblicato sul Journal of Veterinary Behavior invece si è cercato di capire se i gatti instaurassero un legame affettivo speciale con i padroni rispetto alle persone estranee. Il risultato, abbastanza intuibile, fu che i gatti giocavano e interagivano molto di più con il padrone e provavano addirittura l’ansia da separazione tipica dei cani.

 



Categorie: Curiosità