Mary cattività nel 2005, è morta nel parco “Oltremare” a Riccione. «Questa tristissima storia – dichiara l’Enpa – testimonia che i cetacei muoiono di cattività e che per quanto si possano garantire attenzione, cure e terapie, essi appartengono al mare e non dovrebbero in alcun modo essere costretti alla cattività».
Già in passato erano stati forniti numerosi documenti a testimonianza delle esperienze scientifiche e dei progetti di riabilitazione e di reintroduzione dei Grampi e di altri cetacei, che, avviati positivamente in altri Paesi, l’Enpa sperava fossero adottati anche in Italia. E invece, purtroppo, si è scelto di far rimanere un animale nato libero in condizioni di cattività, obbligandolo ad una vita innaturale e costringendolo a convivere con altre specie.
«Sebbene l’uomo creda di poterla dominare, la natura risponde in modo logico e conseguente – prosegue la Protezione Animali -. Avevamo infatti riscontrato, grazie al parere di un noto esperto internazionale, che Mary G aveva comportamenti che mostravano una grave sofferenza e un altrettanto grave disagio, e che sono stati immediatamente segnalati alle autorità competenti».
Ricordando che l’animale è di proprietà dello Stato e che quindi è necessario che le autorità preposte garantiscano una necroscopia super partes che sveli le ragioni del prematuro decesso, l’Ente Nazionale Protezione Animali si riserva ogni azione legale contro le persone o le condizioni che hanno determinato la morte prematura dell’animale. Inoltre, l’Enpa ha richiesto nuovamente l’intervento urgente del Ministero della Salute, del Ministero dell’Ambiente e del Corpo Forestale dello Stato (servizio Cites) affinché pongano in essere immediati controlli sui delfinari del nostro Paese per verificare che essi realmente rispettino la normativa vigente, cosa che di fatto non avviene, come l’Enpa ha più volte riscontrato e reiteratamente segnalato.
Fonte: www.enpa.it
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